Lectio divina III Avvento 2019

III domenica di Avvento

A cura di don Lino Genero

SEI TU COLUI CHE DEVE VENIRE?

INVOCAZIONE ALLO  SPIRITO

Signore, noi ti ringraziamo perché ci raduni ancora una volta alla tua presenza, ci raduni nel tuo nome. Signore,  tu ci metti davanti alla tua Parola, quella che tu hai  ispirato ai tuoi profeti:  fà  che ci accostiamo a questa  Parola con riverenza,  con attenzione, con umiltà; fà che questa Parola non sia da noi sprecata, ma sia accolta in tutto ciò che essa ci dice. Noi sappiamo che il nostro cuore è spesso chiuso, incapace di comprendere la semplicità della tua Parola. Manda il tuo Spirito in noi perché possiamo accoglierla con verità, con semplicità; perché essa trasformi la nostra vita. Fa’, o Signore, che non resistiamo, che la tua Parola penetri in noi come spada a due tagli; che il nostro cuore sia aperto ad essa e che la nostra mano non vi resista; che il nostro occhio non si chiuda, che il nostro orecchio non si volga altrove, ma che ci dedichiamo totalmente a questo ascolto. Te lo chiediamo, o Padre, in unione con Maria, per Gesù Cristo Nostro Signore. Carlo Maria Martini

“Rallegratevi sempre nel Signore. Il Signore è vicino”

I LETTURA Dal libro del profeta Isaia (35,1-6.8.10)

 Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli    orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, Ci sarà un sentiero e   una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto.

“Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio. Egli viene a salvarvi.”

Il ritorno dall’esilio è fonte di grande speranza per il popolo. Il profeta, con immagini splendide e consolanti, canta il gioioso ritorno di Israele dai campi di concentramento di Babilonia dove era stato deportato. Egli descrive il ritorno come una processione festosa. Là dove il Signore viene, il deserto fiorisce e i corpi deboli degli esuli sono percorsi da una nuova giovinezza. La venuta del Signore cambia la sorte degli esclusi, anticipando i segni del Regno che Gesù porrà nella sua vita pubblica, gli stessi che verranno additati ai discepoli del Battista: “Si apriranno gli occhi dei ciechi, si schiuderanno gli orecchi dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”. L’amore diventa gesto di liberazione. La Parola si fa storia.  Allora l’attesa dell’avvento non può ridursi al ripetersi di cerimonie religiose tradizionali, mescolate a riti consumistici profani, ma deve nutrirsi di ascolto e condivisione, di accoglienza di un dono che si traduce in assunzione di un compito.

Dal vangelo secondo Matteo (11,2-11)

 In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

 “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”

Domanda antica come la fede, un dubbio che rimane intatto: continuiamo a camminare dietro a Gesù o ci rivolgiamo ad altri? Il credente, mentre sperimenta la gioia del compimento (il Messia è venuto, la speranza si è compiuta), sperimenta anche una profonda delusione (tutto sembra continuare come prima). Anche Giovanni Battista, rinchiuso in carcere, è colto dal dubbio. Eppure per Gesù, Giovanni è  “il più grande fra i nati da donna”. I dubbi sono dono di Dio perché fanno crescere nella consapevolezza. Giovanni Battista aveva annunciato, quando era nel deserto, che il Messia, venendo, avrebbe purgato l’aia, gettando la pula nel fuoco. Gesù invece si presenta diverso: medico per gli ammalati, pastore in cerca degli smarriti, paziente e misericordioso. Il Battista invia pertanto alcuni dei suoi discepoli da Gesù per interrogarlo (fa tacere le proprie attese, le proprie certezze e si mette in ascolto). Gesù risponde rinviando alla sue opere. Dice a Giovanni e a noi oggi: guardatevi intorno, aprite il vostro cuore a ciò che udite e vedete. Sono i segni profetizzati da Isaia che rivelano la presenza e l’azione di Dio nella storia: ciechi, storpi, sordi, lebbrosi guariscono. L’incontro con il Signore trasforma. La conversione consiste nel cambiare lo sguardo, smettere di lamentarsi, perché Dio fa nuove tutte le cose.

“Ai poveri è annunciato il Vangelo. Beato colui che non si scandalizza di me”

Scandalo nel Vangelo significa staccarsi dalla fede, perché si è posti davanti a qualcosa che disorienta la propria fede, facendola vacillare. Ci sono scandali da evitare (Mt. 8,6; Mt. 5,29; Mt. 13,21). Ci sono scandali da suscitare, quelli che manifestano il volto vero e nuovo del Dio di Gesù Cristo. Sono soprattutto tre gli scandali che Gesù ha suscitato:

– lo scandalo della croce: mette in questione il modo di concepire Dio

– l’umiltà delle sue origini: “Non è costui il falegname?” ( Mc.6,1-6). Come è possibile che la potenza di Dio si manifesti nell’esistenza insignificante di un umile lavoratore?

– la sua predilezione per i poveri: agli inviati del Battista Gesù risponde elencando una serie di miracoli. Ma l’ultimo segno elencato che non è un miracolo, è tuttavia il segno più specifico e decisivo, che pone i miracoli al servizio di una concezione messianica sulla quale molti inciamperanno. Che Gesù sia un inviato da Dio è provato dai miracoli, ma è la sua predilezione per i poveri che rivela la novità della sua rivelazione di Dio. Gli scribi e i farisei disapprovano il suo comportamento nei confronti dei peccatori (Levi, Zaccheo, le parabole della misericordia). La pastorale misericordiosa di Gesù non solo irrita scribi e farisei, ma continua a suscitare disapprovazione anche fra i cristiani (cfr. Atti 11,3). Il pastore non dovrebbe anzitutto occuparsi dei giusti?

“Che cosa siete andati a vedere nel deserto?”

 Gesù, rivolgendosi alle folle, conclude dicendo che il Battista è un testimone vivente col suo modo di essere, un uomo consumato dalla Parola. Speriamo che anche noi, abitati, illuminati, accesi dalla Parola possiamo essere testimoni viventi, come Giovanni Battista.

II lettura  Dalla lettera di S. Giacomo apostolo (5,7-10)

Siate pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

“Pazienti come il contadino”

Gesù è venuto nella debolezza della carne e nella debolezza dell’amore ma ritornerà nella gloria. Il Regno di Dio è presente, come un seme: è nascosto e anche se non lo si vede, sta comunque crescendo.

In attesa della venuta del Signore l’apostolo Giacomo ci esorta a perseverare con pazienza, prendendo l’esempio dal contadino che attende i frutti della terra con pazienza finché non maturano, senza affrettare i tempi. Il termine che Giacomo predilige è “ makrothumia” (cioè larghezza d’ani-mo, sguardo lungo, abitudine a vedere le cose in grande, come il contadino che butta il seme e poi attende).La semina e la raccolta sono rapide, ma fra le due scorre un lungo tempo, in cui il contadino è inerte, mentre il seme mette radici e germoglia.

La lezione per noi oggi e per le nostre comunità cristiane è fin troppo trasparente: siamo chiamati ad avere uno sguardo lungimirante, che lascia alle spalle la stanchezza e le lamentele, e ad avere invece la pazienza di chi sa attendere a lungo, come il contadino. Nel frattempo, come la terra ha bisogno delle pioggie così noi ci rinfranchiamo con la Parola di Dio.

Concludiamo pregando il Salmo 146

Dal Salmo 145

 Vieni, Signore, a salvarci.

Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi,

dá il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri.

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri.

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion,

di generazione in generazione.

Il Salmo ci invita a lodare il Signore e ci spiega come si fa. Gesù ha fatto esattamente come il salmista ha scritto: ha cercato, servito ed amato gli indifesi. Ha fatto anche molto di più: si è identificato con gli ultimi ed in loro vuole essere accolto, servito ed onorato (Mt.25,42-43). Volendo essere il segno dell’amore di Dio, ha cercato i peccatori, ha frequentato la loro compagnia al punto che i benpensanti lo schernivano: “E’ un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori” (Lc. 7,34)