
Domenica 23 marzo 2025 incontro con Dario Vivian
Programma
-ore 9.30 Arrivo a Mamre e accoglienza
– ore 9,45 presentazione della scheda per la riflessione (riportata anche in calce)
-ore 10,00 Silenzio
-ore 11.30 Pausa
-ore 12,00 Condivisione e riflessione con Dario Vivian
-ore 13,30 Pranzo
-ore 15,00 Ripresa della condivisione e note organizzative
-ore 16.30 circa chiusura e rientro
A questo link è possibile indicare la presenza e il proprio contributo per il pranzo.
Tra mondo e regno
Esercizio ermeneutico 4
a partire da Luca 18, 1-18
Qual è il modo di stare dentro la storia, tra mondo e regno?
- È quello di Gesù di Nazaret, che opera un discernimento
- non come giudizio che esclude chi o quanto non è in sintonia con il regno
- ma come esercizio continuo che riesce a cogliervi dentro l’eccedenza di vita
- Si oppone alla logica tipicamente religiosa, connotata di moralismo, che discerne separando
- logica illusoria, perché l’irruzione del regno non governa il mondo, il farsi della storia
- logica ideologica, perché privilegia l’idea sulla realtà invece di accogliere le storie concrete dentro cui si attua la storia di salvezza
- Richiede di rivedere l’immaginario su Dio e la relazione con il mondo creato (corrispondente in qualche modo alla relazione mondo-regno)
- dal modello che instaura un dualismo/alterità radicale, ma entro una relazione attivata dall’atto creativo originante e dalle azioni provvidenziali continue
- al modello pan-en-teista, che colloca all’interno del mondo il darsi e l’accogliersi continuo dell’energia creante, da cui scaturisce la possibilità dell’eccedenza di vita colta nel discernimento di fede
Diceva loro una parabola per (dire) che bisogna pregare sempre senza scoraggiarsi. C’era un giudice in una città, che non temeva Dio e non rispettava uomo. Ora c’era una vedova in quella città che giungeva a lui dicendo: Fammi giustizia del mio avversario! E a lungo egli non voleva. Ma, dopo questo, disse tra sé: Anche se non temo Dio e non rispetto uomo, almeno perché questa vedova mi dà fastidio, le farò giustizia, perché non venga fino alla fine a rompermi la testa!
Ora disse il Signore: Udiste ciò che dice il giudice ingiusto! Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano a lui giorno e notte e pazienta con loro? Vi dico: farà loro giustizia subito! Tuttavia, il Figlio dell’uomo, venendo, troverà mai la fede sulla terra? (Luca 18.1-8)
- La motivazione di fondo del discorso sembra essere
- la possibilità di un antidoto allo scoraggiamento, provocato dall’incapacità di discernere l’eccedenza di vita in un mondo segnato dall’ingiustizia
- l’indicazione che ne consegue: bisogna pregare sempre
Potremmo chiederci, a partire dalla nostra esperienza e dalle riflessioni fatte nel percorso
° che cosa significa pregare …
° che cosa vuol dire e come si può farlo sempre …
- Nel gioco delle parti, che il racconto parabolico instaura
- c’è una situazione di ingiustizia incancrenita, che non è difficile attribuire alla realtà del mondo
- (anche se non nella sua totalità)
- c’è un’esigenza di giustizia reclamata, che corrisponde all’annuncio evangelico del regno già sulla linea profetica
Provando a immaginare chi potrebbero evocare i due attori della parabola
° da che parte sta Dio e il suo regno …
° da che parte il mondo e noi che vi siamo immersi …
- Al dubbio sulla giustizia operata da Dio, quando sente il grido, viene opposta da Gesù un’affermazione decisa sulla sua immediatezza
- sconfessata dalla situazione concreta del mondo, perché non pare proprio che sia così
- ma la domanda su Dio diviene domanda sulla tenuta della fede sulla terra
Collegando l’inizio con la fine del discorso il pregare e l’avere fede hanno un rimando reciproco
° come sento ed eventualmente vivo questa corrispondenza …
° trovare o non trovare fede può avere a che fare con il discernimento da operare …° il come pregare può incidere sulla modalità con cui ci collochiamo tra mondo e regno…